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martedì 13 novembre 2012

Carlo O. Gori. Fascismo. La “marcia su Roma” di un fascio diviso. Pistoia presidio fascista sulla Porrettana.


La “marcia su Roma” di un fascio diviso. Pistoia presidio fascista sulla Porrettana.

Il fascismo pistoiese pur non riuscendo ad esprimere nel tempo, per varie ragioni, un "uomo forte" (1) ebbe probabilmente, più di quanto si sia pensato finora, un ruolo rilevante durante gli avvenimenti della "marcia su Roma" acquisendo meriti che in seguito pesarono forse nella decisione di Mussolini di elevare il Circondario pistoiese a Provincia.  Sarebbe utile in tal senso un approfondimento in sede storica,  risulta comunque evidente che Pistoia,  terminale  toscano della ferrovia Porrettana (la "Direttissima" Firenze-Bologna verrà costruita solo più tardi negli anni Trenta),  aveva  nel 1922 una posizione strategica nelle comunicazioni tra il Nord e il Centro Italia  e che il controllo della stazione ferroviaria da parte degli squadristi pistoiesi nelle giornate tra il 26 ed il 29 ottobre 1922, permise di coprire le spalle alle colonne fasciste che marciavano su Roma, mettendole  al sicuro da possibili sgradite sorprese soprattutto nei primi incerti momenti della proclamazione stato d'assedio. 
Il fascismo pistoiese giunse all’appuntamento della “marcia su Roma” dopo un percorso iniziato ufficialmente solo il 22 gennaio 1921 sotto la guida di Nereo Nesi.  Tuttavia già durante le agitazioni operaie e contadine del "biennio rosso"  1919-1920, un liberale, Dino Philipson, giovane e ricco proprietario terriero, aveva avuto parte decisiva nella genesi del fascismo locale (2). 
Philipson, pur finanziando il movimento e rivendicando poi esperienze squadristiche, non fu tuttavia un fascista in senso vero e proprio (successivamente passerà addirittura all’antifascismo).  Il suo vero scopo era quello di servirsi delle squadre fasciste per stroncare il movimento operaio e contadino per poi, in un secondo tempo, ricondurre il fascismo nell’alveo della legalità. A tal fine nel marzo-aprile 1922 ispirò la nascita dell’Unione Democratica Pistoiese privando così il fascio pistoiese dell’apporto diretto di quegli esponenti del notabilato agrario e conservatore che in varie altre parti d’Italia avevano finito per snaturare in senso reazionario le confuse tendenze sinistreggianti (sindacalismo, futurismo, repubblicanesimo) espresse dal movimento fascista nazionale al suo sorgere nel 1919. 
La svolta di Philipson aprì quindi la strada in sede locale all'affermazione della componente della media e piccola borghesia urbana che ebbe l'esponente di punta nella figura di Enrico Spinelli, studente universitario di farmacia, ex-combattente; violento nelle imprese squadristiche non sarà tuttavia privo di una parte propositiva riassumibile in alcune teorie espressione del cosiddetto "fascismo di sinistra": primato dell'industria, collaborazione fra un capitale "controllato" e il lavoro, lotta alla rendita parassitaria, un partito di "duri e puri". 
A Spinelli,  il fascismo agrario pistoiese contrapporrà poi il commerciante Ilio Lensi, capo delle squadre d'azione nel 1922, uomo rozzo e violento, ma ambizioso al punto di prestarsi a qualsiasi ruolo. 
Gli anni dal 1919 al 1922 vedono dunque il movimento fascista, finanziato dagli industriali e dagli agrari e spesso tollerato e sostenuto da apparati centrali e periferici dello Stato, crescere ed affermarsi nel Paese grazie alla violenza squadristica. E’ quest’ultima che stronca, in Italia ed anche nel Pistoiese, nell’agosto del 1922, al culmine di un biennio di sangue, lo "sciopero legalitario" antifascista indetto dalle organizzazioni operaie il 31 luglio. 
Proprio in questi frangenti, il 5 agosto 1922,  usciva in città il settimanale "L'Azione fascista”. 
Il foglio segnava un significativo successo dell'ala intransigente permetteva ai fascisti di non dover più elemosinare spazio sul settimanale liberale "II Popolo pistoiese" e che sentiva di essere ormai forte a sufficienza per scrollarsi di dosso il peso della mal sopportata alleanza nel patto del Blocco nazionale con i liberali dell'onorevole Philipson.  Su questo giornale troveremo  la cronaca del ruolo svolto dagli squadristi pistoiesi durante le giornate dell’ottobre 1922, preannunciate già il 19 agosto da un fondo redazionale dal titolo "La marcia su Roma". 
Nel settembre il giornale, in vista delle elezioni comunali, sviluppa una forte polemica con i liberali di Philipson, rifiutando qualsiasi apparentamento e nel contempo attacca il mondo cattolico con lo scopo di ridurre alla sottomissione quegli esponenti del popolarismo, che seppur in concorrenza e spesso in contrapposizione ai "rossi", continuavano a rappresentare con le loro organizzazioni nelle campagne  un serio pericolo per gli interessi dei ceti agrari dominanti. 
Intanto mentre il governo del giolittiano Facta mostra tutta la sua inconcludenza e  varie amministrazioni comunali di sinistra, in Italia come nel Pistoiese, sono obbligate a dimettersi dalla violenza fascista, il consiglio nazionale del movimento si riunisce per stabilire i tempi della "marcia". 
Mussolini,  che aveva intanto rinunciato alla pregiudiziale repubblicana e riallacciato i rapporti con D'Annunzio, sembrava inizialmente accontentarsi  di una partecipazione fascista ad un Governo Giolitti, ma dopo la manifestazione di Napoli del 24 ottobre (sorta di “prova generale” alla quale prendono parte 40.000 camice nere) alza il prezzo e pretende la Presidenza del Consiglio. Si sposta così da Napoli a Milano, iniziando varie e complesse trattative politiche con Roma che vedono coinvolti numerosi personaggi, tra i quali , sembra, anche lo stesso Philipson (3),  mentre a Perugia un "quadrumvirato" formato da  Bianchi, De Vecchi, De Bono e Balbo si occupa del coordinamento operativo della “marcia”. Tra l’altro, alcuni storici , attribuiscono proprio al “quadrumviro” Balbo la decisione di forzare la mano al titubante Mussolini dando il via alla dimostrazione di forza che, per quanto riguarda Pistoia, comincia già dal 26 ottobre. Un manifesto convoca in sede gli iscritti e gli squadristi dichiarando disertore chi manca alle disposizioni,  mentre: "Gli onesti lavoratori, i cittadini tutti sono pregati di continuare la loro attività …gli scioperi…vengono …considerati… azioni delittuose"( 4 ). 
Il 27 ottobre, dopo le 10 del mattino, su camion e automobili parte il primo gruppo di circa 200 squadristi salutati "da una numerosa folla di simpatizzanti fascisti…che cantano inni patriottici" ( 5).  
Enrico Spinelli comanda la colonna formata di quattro squadre.  Ai suoi ordini sono: Dino Orlandini,  capo della "Disperata", Nello Paolini, comandante della " Pacino Pacini", Dino Lensi, alla guida della "Cesare Battisti" e  Giuseppe Costa, leader della "Randaccio".  La colonna si dirige verso Empoli dove è stabilito un punto di raccolta e dove giunge in serata dopo aver sostato alcune ore al passo di San Baronto. 
Intanto in città  sotto la guida di Lensi si formano 12 squadre di 25 uomini ciascuna che il giorno dopo occupano gli edifici statali, mentre Leopoldo Bozzi, di estrazione liberale, futuro podestà di Pistoia ed artefice dell'operazione "Pistoia-Provincia", occupa con gli ex-combattenti ai suoi ordini la sede dei telefoni e dei telegrafi e, soprattutto, l'importante stazione ferroviaria (6).  
Quindi quella numerosa presenza di fascisti in città  che a prima vista  appare  come una disobbedienza gli ordini dei quadrumviri che invitavano a tralasciare il controllo delle città "sicure” per portarsi a Roma (7) , diventa invece determinante nel quadro generale della "marcia". 
Curzio Malarparte asserì che fascisti pistoiesi avessero avuto precisi ordini in tal senso . Lo scrittore-giornalista pratese scrisse infatti di un treno di carabinieri respinto da alcune fucilate fasciste al ponte di Vaioni e di un camion di guardie regie provenienti da Lucca fermato a Serravalle dal fuoco di alcune mitragliatrici (8) . 
Di ciò non si hanno prove, si ha comunque fondata notizia che a Pistoia il 28 ottobre  venne bloccato in stazione un treno che portava a Roma un battaglione di alpini, carabinieri e guardie regie (9). 
Intanto la colonna guidata da Spinelli aveva proseguito in treno per Chiusi e Orte dove trovava la linea interrotta da alcuni carri rovesciati. Dopo aver aggirato l'ostacolo pretendendo posto in un altro convoglio si era diretta per Monterotondo dove giungeva nelle prime ore del pomeriggio del 29. Poco dopo la mezzanotte del 30,  i fascisti pistoiesi ripresero la marcia per Roma fermandosi in attesa di ordini, come tutte le altre colonne, alle porte della città.  In questi momenti domina in loro l'incertezza. 
Un partecipante, Giulio Innocenti, scrive: "... non sappiamo ancora quale piega hanno preso gli avvenimenti. La piazzaforte di Roma dispone, si dice, di cinquantamila uomini, "se sparassero?". Questa è la domanda muta". (10 )  
Infatti se lo stato d'assedio avesse avuto il suo corso e fossero intervenute le truppe, per gli squadristi non ci sarebbe stata partita, ma nella Corona e nei ceti dominanti prevale la tesi, ora che il movimento operaio è stato praticamente stroncato, di non sbarazzarsi del fascismo, ma di inserirlo, condizionandolo, nel sistema. Quindi il re respinge la  firma dello stato d'assedio dichiarato da Facta  (che si dimette) e il 30 ottobre affida il governo a Mussolini. Quest’ultimo giunge a Roma in treno e presenta subito il suo ministero nel quale figurano anche esponenti liberali e cattolici.  A questo punto gli squadristi possono entrare in città come fa anche la "colonna Spinelli", raggiunta nel frattempo a Roma dagli altri duecento fascisti pistoiesi  della "colonna Lensi". 
Il pistoiese Martino Moscardi  annota : "La nostra entrata è stata trionfale. Tutti i militari indistintamente, tutti i picchetti delle caserme ci accoglievano con l'onore delle armi, fraternizzando entusiasticamente con noi"(11). 
Le due colonne dopo essersi unite alla squadre di Bottai in una sanguinosa "spedizione punitiva" nei quartieri "rossi" del Trionfale e di S. Lorenzo marciarono poi, insieme alle altre, nella parata della vittoria che ebbe luogo nel pomeriggio  del 31 davanti al Re al Quirinale. Poco dopo la sfilata vennero devastate le sedi di vari giornali,  la Direzione nazionale del Partito Socialista e la Casa del Popolo di Roma. Si contarono molti morti e feriti. 
I primi atti del governo Mussolini, saranno l'abolizione della nominatività dei titoli, più volte auspicata dagli industriali, il ritiro di un precedente progetto di riforma agraria, già passato alla Camera e l'istituzione della Milizia: primi passi di un “regime” ventennale e liberticida, con buona pace di coloro, non ultimi i giornalisti del liberale "Popolo pistoiese" e del cattolico "La Bandiera del popolo",  che avevano salutato l'avvento di quel ministero con fiduciosa speranza o con inerte rassegnazione (12).  

                                          

    


                             Carlo Onofrio Gori







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1) Cfr. A. Cipriani, Il fascismo pistoiese. Genesi, sviluppo, affermazione, in "Microstoria", n. 16 (mar./apr. 2001); C.O.Gori, Figure del fascismo pistoiese. Una città che non seppe esprimere figure forti, in "Microstoria", n. 16 (mar./apr. 2001).
2) Cfr. C.O. Gori, Il "calmiere Lavarini" durante il Biennio rosso. Le giornate pistoiesi ripercorse attraverso i giornali di allora,  in "Microstoria", n. 11 (mag. 2000). Su questi aspetti cfr. anche: R. Risaliti, Nascita e affermazione del fascismo a Pistoia, in Farestoria, n. 1 (1983);  G. Petracchi, La genesi del fascismo a Pistoia, in 28 ottobre e dintorni, Firenze, Polistampa, 1994
3) Cfr. M. Francini, Primo dopoguerra e origini del fascismo a Pistoia, Firenze, Libreria Feltrinelli, 1976, pag. 133,  n.21
4) "L'Azione fascista" (28 ott. 1922).
5) G. Innocenti, Ave Roma!... Diario della marcia su Roma..., Pistoia, Arte della stampa, 21 aprile 1923, pag. 7
6) ivi, pag. 6
7) E' questa la tesi dello storico Marco Francini in Primo dopoguerra ...cit., pagg. 132-133
8) Cfr. C. Malaparte, Tecnica del colpo di stato, in Opere scelte, Milano, Mondadori, 1997, pagg. 264-265 
9) Cfr. M. Francini, Primo dopoguerra...cit., pag. 134
10)  G. Innocenti, Echi di guerra, in  "L'Azione fascista", (4 nov. 1922) 
11)  cfr. Innocenti, Ave Roma! ...cit. pag. 18
12) Cfr. "Il Popolo pistoiese" e "La Bandiera del popolo" del 4 novembre 1922. 


Mio articolo già pubblicato con lo stesso titolo su: "Microstoria",  n. 25 (set.-ott. 2002)





e successivamente su: 

http://members.xoom.virgilio.it/marivan53/fatti.htm#La "marcia su Roma" dei fascisti pistoiesi


e su: 


http://historiablogoriarchiviosplinder-cog.blogspot.it/2012/01/storia-avventure-di-viaggio-giovedi-06.html


Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.

Scocciante, ma necessario e doveroso "avviso ai naviganti": anonimi estensori della voce "Storia di Pistoia" su Wikipedia, hanno dal 2007 in poi ampiamente "saccheggiato", inserendoli pari-pari e senza virgolette in quella pagina (ed in particolare nei capitoli "La genesi", "La marcia su Roma" e "Gli irriducibili della Valtellina"), questi miei articoli sul fascismo pistoiese precedentemente comparsi sulla rivista "Microstoria": Carlo O. Gori, Figure del fascismo pistoiese. Una città che non seppe esprimere figure forti in "Microstoria", n. 16 (mar.-apr. 2001); Carlo O. Gori, La “marcia su Roma” di un fascio diviso. Pistoia presidio fascista sulla Porrettana, in "Microstoria",  n. 25 (set.-ott. 2002); Carlo O. Gori, Gli irriducibili fascisti pistoiesi della Valtellina. Le vicende di Giorgio Pisanò e degli altri fedelissimi del regime, in "Microstoria", n. 33 (gen.-feb. 2004) e successivamente riprodotti da me stesso sui miei siti web (marivan xoomer virgilio) e blog (historiablogori.splinder.it e goriblogstoria.blogspot.com). Li ringrazio per la fiducia, ma l'hanno fatto senza citare le fonti:  il sottoscritto, la rivista o i blog da cui essi li hanno tratti  

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